Elsetta e Matteo

riforma Fornero pensioni (ovvero: la proposta di Salvini per le pensioni)

No, non Giulietta e Romeo, anche se ho voluto giocare con questa assonanza. Elsetta sarebbe Elsa Fornero, e Matteo non l’indisponente Renzi, ma il sagace Salvini, coadiuvato, in questo campo, addirittura dai grillini.

La prima, è noto, è la gentildonna che, forte del fatto che non si sarebbe mai candidata ad una elezione, ha posto fine agli esercizi edilizi dei precedenti governi (costruttori di scalini, scaloni e finestre), portando con un colpo solo l’età pensionabile a circa sessantasette anni tanto per cominciare, per poi salire ulteriormente con la scusa dell’aspettativa di vita, mettendo la faccia ad una delle leggi più odiate mai varate dai vari esecutivi, e salvando quella di altri personaggi, a caccia di voti, che si sono spesso espressi contro, senza mai fare nulla per cambiarla (chissà perché?).

Il secondo è il primo paladino contrario a questa riforma, che aveva persino promosso un referendum (bocciato dalla solita Consulta, di cui conosciamo bene i diversi misfatti) per l’abolizione della sopra citata legge.

Non nutro alcuna simpatia per nessuno dei due, ma, anche se mai lo avrei votato, in fondo al cuore stavo sperando in una vittoria del secondo, visto che sono una delle prime vittime di quella mai abbastanza maledetta innovazione pensionistica.

Ora arriva il chiarimento, su cui concorda persino il Movimento 5 Stelle: quota 41. Ovverosia: niente più limiti di età, ma LA POSSIBILITÀ DI ANDARE IN PENSIONE DOPO 41 ANNI DI LAVORO.

LI MOOORTACCI!!!, dicono a Roma.

Per me non cambierebbe niente, ho cominciato a lavorare all’età di ventisei anni, per uno stupido equivoco non mi sono riscattato gli anni di laurea quand’era fattibile, e all’età di sessantasette ne compirei esattamente quarantuno di servizio… altro che sconto! Ma ci pensate? Aver cominciato a lavorare a ventisei anni, nell’Italia di oggi, può essere considerato un privilegio, una fortuna per pochi. Mio figlio, di anni, ne ha trentadue, e finora non ha lavorato un giorno (e non ritengo che sia per colpa sua). Con la proposta di Salvini e Di Maio, se anche cominciasse a lavorare DOMANI, e riuscisse a farlo per il periodo richiesto senza soluzione di continuità, “potrebbe” andare in pensione all’età di settantatré anni! Per non parlare di quanti stanno peggio (e non è ancora detto che da questa categoria mio figlio resti escluso), che si troverebbero a dover versare per decenni corposi contributi previdenziali, senza la speranza di vedersi un giorno restituire un solo centesimo.

Un bel regalone all’INPS, altro che a noi poveri lavoratori.

Beh, almeno, adesso, in fondo al cuore, mi sono sgravato di quella orribile speranza.

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