Referendum, e la personalizzazione di Renzi.

È di queste ore: il buon Matteo dichiara di aver sbagliato a personalizzare il celebre referendum di ottobre, che poi potrebbe essere di novembre o addirittura dicembre ma cambia poco.

Io credo che stia sbagliando adesso ad ammettere lo sbaglio. Perché sbaglio non era, a mio avviso. E perché a personalizzarlo non è stato lui ma l’opposizione. Tutta: quella di parte di Forza Italia, che ora boccia ciò che all’epoca aveva votato, e solo perché non era stata invitata ad un inciucio per eleggere Mattarella; quella becera del M5S, una forza che sta sempre più dimostrando di saper dire solo no, distorcendo i problemi e concentrandosi solo sulle pagliuzze; quella livida della minoranza del suo partito, incapace di accettare di essere messa da parte dopo un ventennio di vergognosa incapacità a tener testa ad un personaggio in fondo mediocre come Berlusconi. In questo panorama ne esce a testa alta giusto la Lega (purtroppo), per la sua coerenza fino all’ultimo.

Anche se, tempo fa, ero stato il primo a chiedere a Renzi di fare marcia indietro su questa personalizzazione, perché sbagliata.
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Mi sto contraddicendo? In un certo senso sì. Ma non del tutto.

Ma spiegherò meglio.

Nel momento in cui il nostro premier affermò che, in caso di sconfitta, se ne sarebbe tornato a casa, penso abbia fatto ciò che ogni persona seria, politico o no, dovrebbe fare: ho fatto delle scelte importanti, se non sono condivise è bene allora che mi faccia da parte e lasci il posto a chi è più in sintonia con il pensiero della nazione. O, in termini più spicci: ho sbagliato, quindi tolgo il disturbo. D’altronde, non è ciò che avviene quotidianamente, in Parlamento come in altre assemblee, che quando qualcuno commette un errore (o semplicemente quando capita qualche incidente sotto la sua gestione) le opposizioni chiedano subito le sue dimissioni?

Purtroppo, l’Italia non è un paese dove ci si possa comportare seriamente, e se adesso il primo ministro comincia ad avere paura, e a rimpiangere di aver fatto certe dichiarazioni, sarà perché le statistiche probabilmente staranno spiegando che in questo paese ci sono fin troppi idioti che, pur di levarselo davanti, sono disposti ad azzerare tutto il lavoro fatto, dopo decenni di inutili proclami ed altrettante inutili perdite di tempo. A prescindere dalla validità del provvedimento per cui si andrà a votare.

In effetti, quindi, non è stato lui a personalizzare, ma il branco di incapaci e di iene che hanno visto in quelle dichiarazioni una via possibile, e forse abbastanza facile, per abbattere un premier che certo non ha la bacchetta magica per risolvere nel giro di pochi mesi i guai generati da decenni (e non solo gli ultimi due su cui specula la propaganda antiberlusconiana, visto che le situazioni che hanno portato alla fine della prima repubblica non erano certo migliori), facendo leva sulla pancia della gente che deve ogni giorno fare i conti con mancanza di lavoro, stipendi insufficienti, criminalità diffusa, servizi vergognosi, ed una inarrestabile invasione di milioni di disgraziati che arrivano da noi non come conquistatori, ma come richiedenti asilo.

Io voterò sì. E, per farlo, mi recherò all’urna dopo più di vent’anni di assenza.

Perché Renzi ha fatto la riforma perfetta? Ma scherziamo? Punti che non vanno ce ne saranno a migliaia, a cominciare dal fatto che io il senato lo avrei abolito e basta.

Ma la domanda vera non è questa. La domanda vera è: meglio la riforma di Renzi, o meglio lo stato attuale delle cose?

È meglio che ogni legge, per essere approvata, debba perdere mesi, anni, a volte rimanere per sempre a livello di disegno, solo per un gioco delle parti fra maggioranza e opposizione? Lo chiamiamo Parlamento: ma quando mai qualcosa viene deciso in seguito al dibattito in aula? Discussione che ha luogo, per carità, ma che ha il chiaro sapore di recita teatrale quando si sa benissimo che, alla fine, a decidere, non saranno le logiche discusse in aula, ma solo il rapporto numerico fra le forze in campo. Tant’è che se un Verdini vota in aula in maniera difforme dalla sua formazione si grida subito all’inciucio, al tradimento. Possibilità che sia semplicemente convinto della bontà di ciò che viene proposto, zero.

I 5 Stelle, al solito, sbagliano bersaglio, opponendosi in maniera confusa e pretestuosa, e protestano che con questa riforma verrà garantita l’immunità parlamentare ad un centinaio di amministratori locali. Ma senza questa riforma ‘sta tremenda immunità continuerà ad essere garantita a TRECENTO persone, per di più pagate ventimila euro al mese e non a costo zero, o quasi, come i loro sostituti.

E per chi teme una svolta autoritaria… ma in Italia, dalla nascita di questa repubblica, quando mai hanno contato i cittadini? Tutto il potere, da sempre, è nelle mani dei partiti, e quelli di opposizione si oppongono, appunto, perché quello è il loro ruolo, a prescindere dalla bontà o meno di ciò che viene proposto. Il cittadino ha la sola facoltà di scegliere, in un elenco preparato non da loro (e da un po’ di tempo neppure questo – per fortuna), chi mandare a palazzo a rappresentarlo, senza la possibilità di chieder conto di ciò che questi avrà poi fatto a suo nome. O c’è qualcuno, in giro, che è d’accordo con gli interventi adottati in tema di scuola, pensioni, sanità, giustizia, immigrazione, stipendi pubblici, lavoro… e non mi riferisco solo a quelli messi in atto da Renzi, ma da tutti quelli che lo hanno preceduto?

Le svolte autoritarie, quelle minacciate, si fanno solo con i colonnelli. E, purtroppo, in Italia, con gli attributi, non ce n’è traccia.

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Appello agli iscritti CGIL, CISL e UIL.

Non sarà facile convincervi, ma ci devo provare.

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Un articolo su Internet (http://espresso.repubblica.it/inchieste/2015/09/17/news/quanti-miliardi-incassano-i-sindacati-i-bilanci-segreti-di-cgil-cisl-e-uil-1.230063 ) parla delle entrate delle tre maggiori sigle sindacali italiane, i cui bilanci, per legge, possono essere tenuti nascosti. Considerato il ruolo di queste organizzazioni, è un po’ come se ad una guardia portavalori venisse concesso di tenere nascosta la propria fedina penale. Ma la prospera società in cui viviamo è strapiena di esempi di logiche similari, quindi non perderò tempo a discutere di questo.

Nell’articolo vengono riportate stime magari un po’ azzardate, e comunque indimostrabili, in virtù della considerazione precedente, ma un punto credo sia incontestabile: sia per le entrate provenienti direttamente, sia per le altre indotte, l’entità del denaro che entra in tasca alle suddette sigle dipende fortemente dal numero di tessere vantato. Tant’è che può anche scappare, a qualcuna, talvolta, di gonfiare un tantinello questo dato.

Ovviamente tali entrate possono consentire a dirigenti e funzionari delle tre organizzazioni di godere stipendi più che soddisfacenti. Così, mentre ai loro iscritti impongono un blocco dei contratti pluriennale (giudicato incostituzionale dalla Consulta); si dichiarano soddisfatti da un accordo con l’attuale governo che consente ai lavoratori di andare in pensione non prima dei sessantatrè anni di età, e comunque a loro spese; e urlano “fuori il maltolto” quando la Consulta respinge il blocco dell’adeguamento al costo della vita delle pensioni d’oro, ma non fanno altrettanto quando la stessa Consulta boccia il blocco dei contratti ma senza effetto retroattivo, i vari Bonanni e Epifani, nel giro dei medesimi anni, moltiplicano il loro, di stipendio, fino ad arrivare ai 336.000 euro del primo (contro i 349.000 del solito sfigato Obama, preso sempre come pietra di paragone, che sarà pure il capo della prima potenza mondiale, ma al confronto dei nostri manager e politici percepisce una paghetta da fame).

Io non so, cari tesserati della triplice, se a voi questo stato di cose sta bene. E, in questo caso, nell’epoca libertaria in cui viviamo, non mi è consentito (giustamente) criticare le vostre preferenze sessuali.
Il problema è che questi stipendi d’oro arbitrariamente e, a mio modesto giudizio, immeritatamente percepiti sono destinati a trasformarsi, prima o poi, in altrettante pensioni d’oro. Ora, se pure queste pensioni fossero pagate con le tessere degli iscritti, la cosa potrebbe anche starmi bene: come ho detto, non posso recriminare contro chi gradisce pratiche di sodomia. Il punto dolente è che, quando avverrà questa trasformazione, quelle pensioni saranno pagate anche da me, e da chi la pensa come me, con i miei contributi, e con le rinunce cui sarò tenuto per salvaguardare i conti dell’INPS quando toccherà anche a me di vivere di pensione. E questo significa che la sodomia da voi così apprezzata passerà anche per il mio didietro. Cosa che, essendo etero convinto (e spero di non essere io, stavolta, ad essere criminalizzato) non potrà che farmi male.

Vero è che di pratiche del genere, ormai, sono piene le nostre giornate, ma ad esse non riesco ad abituarmi, e, se posso, cerco di evitare quelle evitabili.

Pertanto vi prego, iscritti CGIL, CISL e UIL (degli altri non ho cognizione alcuna), stracciate le vostre tessere. Non continuate a foraggiare individui che, aumentandosi lo stipendio a dismisura (forse per premio per il loro operato?) hanno svenduto i diritti che i loro predecessori, o, meglio, milioni di lavoratori, al prezzo di lotte dure e immensi sacrifici, erano riusciti a conquistare per sé e, probabilmente speravano, per i loro figli. E non costringete me a proseguire in quest’opera di sostentamento, quando questi signori verranno salariati non più con le vostre tessere, ma con i miei contributi e le mie tasse.

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RAI e G8: chi vale di più?

Lo scritto di oggi, da un punto di vista letterario, vale certamente zero.
Non mi sento di rispondere a chi obietterà “perché, gli altri, invece…?”
Un semplice foglio excel con nomi e cifre. Poesia, brivido, sensazioni… manco l’ombra. Magari, giusto un po’ di incazzatura…
Come valore informativo sarà un tantino superiore, ma non di molto, visto che certe storture sono ormai arcinote.

Che lo pubblico a fare, dunque?

Mah, forse è solo uno sfogo.
Forse è il desiderio di ripetere, per l’ennesima volta, che se il rapporto fra bene o servizio prodotto e compenso percepito non è equo qualsiasi sistema economico è destinato a fallire, e che chiedere a mamma Europa altra flessibilità può servire solo ad aumentare il NOSTRO debito, e a produrre altra ricchezza solo per i soliti parassiti che, comunque vada, continuano a divorarsi un’Italia ormai allo stremo.
Forse è solo un’occasione per mandare a quel paese gli idioti che ad ogni elezione si precipitano alle urne a dare il loro voto ai responsabili di questo assurdo andazzo, anche se questo non potrà che far calare ulteriormente la mia già non eccezionale popolarità.

La notizia è recente, ed anche abbastanza nota, dato lo scalpore sollevato (ma sarebbe stato più giusto se avesse prodotto qualche scalpo, invece): gli stipendi megagalattici della classe dirigente RAI, elargiti anche a personaggi privi di incarico. 200,000 euro all’anno per non fare niente: altro che reddito di cittadinanza!

La tabella riportata sotto contiene l’elenco dei nominativi RAI con lo stipendio più alto, e, intercalati, gli stipendi dei capi di stato del G8, nella posizione spettante in base alla somma percepita.

Così abbiamo il solito Obama, che già qualche anno fa era stato surclassato dal capo della polizia italiano, che prendeva il doppio di lui e quattro volte il capo della FBI americana (all’epoca, dato il solito, inutile scalpore suscitato, il governo si affrettò a fissare un tetto agli stipendi dei manager pubblici, tetto che come vediamo ora per il caso RAI viene strasfondato sistematicamente), mestamente al quinto posto, ed in lizza per il sesto e settimo.

Non fanno una migliore figura i primi ministri (o equivalenti tali) del Canada e della spietata Germania, che poco più giù di metà classifica prendono meno del responsabile della sede Rai di quella immensa regione che è la Liguria. Patetici, in coda, i vari Cameron e Hollande, per citare i più noti. Non mi esprimo sul penultimo, Putin, per il quale non ho abbastanza elementi per poter giudicare l’attendibilità del dato, paragonabile a quello del mio dirigente al comune di Cosenza.

Una “piacevole” sorpresa è il posizionamento all’ultimo posto di Renzi, fra i grandi capi di stato del G8. Piacevole non perché goda a vedere che Renzi prende, di stipendio, meno del mio capufficio (beh, non solo per questo), ma perché un ultimo posto in questa classifica saprebbe di “dignitoso”. A voler cercare il pelo nell’uovo, c’è da dire però che altri capi di stato, come Hollande e Obama, hanno il ruolo sia di primo ministro che di presidente, e se allo stipendio di Renzi aggiungiamo quello di Mattarella (che già da solo non sfigura in questa graduatoria) arriviamo alla bella cifra di 329,000 €, circa il doppio del presidente di una Francia che è come estensione oltre il doppio dell’Italia, ed abbastanza vicina a quella di Obama.

Stipendi più che meritati, vero?, considerato lo stato del nostro paese, e la qualità dei programmi offerti.

Stipendi d’oro che si trasformeranno a tempo debito in pensioni d’oro, che andranno ad incrementare quel 10% di pensionati che da soli, e probabilmente per meriti simili, fagocitano oggi il 50% della spesa pensionistica, costringono altri lavoratori (lavoratori VERI!), per far quadrare i conti dell’INPS, a restare in attività e offrire i loro servigi con l’Alzheimer, e mettono a rischio persino le misere elemosine da seicento euro al mese di milioni di poveri disgraziati. E anche allora, guai a mettere in discussione i 600,000 euro annui di Campo Dall’Orto quando questi avrà smesso di esercitare le sue mirabolanti attività!

I sindacati vigilano, su questo.

stipendi RAI - capi G8

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Berlusconi indurisce pene per corruzione – 2016

Sono confuso.
Soddisfatto, ultra-felice… ma disorientato.
È un brutto periodo, la penna mi muore fra le mani, e non mi sento capace di buttar giù un rigo che possa definirsi presentabile.
Così, ieri, anche per non lasciar morire questo blog, dopotutto fonte di qualche gratificazione, con una media di una decina di visitatori al giorno (in un anno, fanno tre-quattromila contatti!), ho pensato di riproporre un vecchio articolo pubblicato anni fa con uno pseudonimo.
Oggi vado a controllare la statistica visitatori, e per poco non mi prende un colpo: 1056 accessi! Solo ieri! Con un grafico più che eloquente: la mia soddisfacente media giornaliera schiacciata a zero, per far posto al nuovo picco.
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Beh, accidenti, qualche successo particolare in passato l’avevo ottenuto, arrivando, una volta, persino ad una settantina di visite, grazie ad un po’ di pubblicità su Facebook, ma MILLE e rotti…!
Cosa significa questo? Che qualche anno fa scrivevo meglio? Non è incoraggiante. Tipicamente, in questo campo, si dovrebbe migliorare con il tempo e la pratica. Certo scrivevo meglio di quanto sia in grado di scrivere ora, ma non è questo il punto.
Comunque sia… ci riprovo, postando questo, credo divertente, articoletto presentato sei anni fa, sempre sotto falso nome, in occasione di una nuova consultazione elettorale. In attesa di tornare ad essere capace di concepire qualcosa di nuovo.
Chissà, un secondo, eventuale successo potrebbe iniettarmi un po’ di quell’entusiasmo di una volta, potrebbe convincermi a riprendere in mano l’attualmente odiata penna (che poi sarebbe la tastiera di un PC) e buttar giù qualcosa di decente, o simil-tale…
Vabbe’, vedremo.

Il titolo mi ha lasciato di stucco, quando, passando davanti ad un’edicola, l’ho letto sulla locandina di un quotidiano:

BERLUSCONI INDURISCE PENE PER CORRUZIONE.

E pensare che negli ultimi tempi qualcuno aveva tirato fuori fantomatiche deficienze del premier in tema di virilità!

Ma non è questo il punto.

Capisco, ci sono ormai rassegnato, che la corruzione possa essere un punto di forza per qualsiasi forza politica. Lo aveva chiaramente esplicitato in parlamento, già parecchi anni fa, la buonanima di Craxi: più o meno testualmente, “nessuno fra gli onorevoli qui presenti potrebbe dichiarare di essere estraneo a certe pratiche senza essere accusato di spergiuro”. Peccato che quest’argomento venga utilizzato per tentare di riabilitare la figura del compianto anziché per rispedire a casa, o meglio ancora rinchiudere in galera, gli spergiuri che con i loro silenzi hanno di fatto sostenuto la parte delle animelle candide.

In pratica, secondo il buon Bettino, senza corruzione non ci sarebbe stata democrazia, perché nessun partito sarebbe potuto sopravvivere. Che tristezza! Ma non è che così si confonda, e si chiami democrazia ciò che in effetti è, e da sempre è stata in Italia (nel resto del mondo non so, e quindi non mi esprimo), partitocrazia?

Così vediamo in parlamento persone indagate, processate e condannate, senza che nessuno dei loro probi colleghi gridi allo scandalo e cerchi di allontanare da quegli scranni tali loschi figuri, o si dimostri quantomeno preoccupato di legiferare con il loro concorso. Lo fa solo, e fuori dal Parlamento, una specie di saltimbanco di nome Beppe Grillo, e qualche frikkettone suo seguace. Allora, anche ricordando le considerazioni di Craxi, si insinua subdolo un atroce dubbio: non è che le eminenti personalità con la fedina immacolata che cotanto oltraggio tollerano non siano più puliti dei loro colleghi pregiudicati, ma semplicemente solo più abili e/o fortunati da essere riusciti ad evitare, almeno fino alla prossima inchiesta, di restare impigliati nella maglie della giustizia?
Io mi rifiuterei di collaborare in qualsiasi tipo di progetto con qualcuno la cui disonestà fosse comprovata o anche soltanto sospettata. A patto di non condividerne la stessa integrità e gli stessi interessi, ovviamente. E le mie attività sono ben lontane come importanza, delicatezza ed impatto sociale da quelle espletate in Parlamento.

Ma senza andare così lontano negli anni, basta guardare alle prossime elezioni regionali per avere un assaggio di come funziona. In varie competizioni, i candidati al consiglio o addirittura alla carica di presidente sono indagati. Apparentemente, né destra né sinistra dispongono di rappresentanti sufficientemente quotati ma immuni da vizi per poter offrire ai propri elettori liste pulite ed esenti da ombre e dubbi. Persino Di Pietro non resiste al fascino della vittoria elettorale, ed in Campania arriva a sostenere la candidatura di un personaggio del tipo contro il quale, di solito, sbraita e chiede la galera. “Per impedire che la Campania finisca in mano al male”, si giustifica. Eh, sì, perché è così, perché se uno è cattivo e di destra, è il demonio; un birbantello di sinistra… andiamo, sarà stata una ragazzata!

Mio figlio di sei anni, sentendo la notizia in tv prima, e la discussione con mia moglie dopo, aveva osservato, giustamente: “ma papà, gli conviene candidare alle elezioni uno cattivo? Così la gente non vota per qualcun altro, e loro perdono?”
Gli ho risposto con un largo sorriso ed una tenera carezza su quelle guance ancora rosee e delicate. È un bravo bambino, e segue il mio consiglio di ascoltare il telegiornale per imparare come va il mondo. Solo, avrà bisogno ancora di un po’ di tempo per capire davvero come funziona… e di smettere di seguire i miei consigli e lasciar perdere i telegiornali.

Giusto fra ieri sera ed oggi, in tre edizioni diverse di tre TG, le stessa notizia:
Berlusconi dichiara: nessun corrotto sarà presente nelle liste del PdL (prima versione, e devo ammettere la mia sincera sorpresa nel sentirla);
Berlusconi dichiara: nessun indagato sarà presente nelle liste del PdL (seconda versione, e anche questa mi disorientava un po’, visto che un attimo prima aveva rigettato le dimissioni di Cosentino);
Berlusconi dichiara: nessuna persona compromessa in maniera certa sarà presente nelle liste del PdL (terza versione, e qui tiro un sospiro di sollievo: tutto regolare, non ero rimbambito).

Perché vedi, bambino mio, i corrotti, da noi, non fanno perdere voti. Al contrario, ne costituiscono una cospicua riserva alla quale nessun partito è disposto a rinunciare, altrimenti se li prende tutti Casini e si rimane culo a terra. Perché è con gli intrallazzi, gli affari illeciti, con il malessere della gente, la loro indigenza ed i loro bisogni che si guadagnano consensi, non con l’impegno, l’onestà, ed il conseguimento di risultati utili all’intera comunità.

Capisco bene, quindi, i sentimenti di Silvio Berlusconi nei confronti della corruzione. Ma che questo costituisca per lui anche motivo di eccitazione sessuale, e questo venga messo sui titoli dei giornali, mi sembra davvero un’esagerazione.

Avrei voluto comprare quel quotidiano, ma ero in auto, andavo di fretta e non potevo fermarmi. Bah, poco male. Con il vizio che hanno i giornalisti di stravolgere i fatti, scommetto che avrei letto un resoconto totalmente differente e fuorviante.

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Loiero e il mare (sporco) di Calabria – 2016

Quello che segue è un articolo scritto e pubblicato, con uno pseudonimo, sette anni fa, e che desidero riproporre perché, mi pare, ancora attuale.
Certo, qualcosa nel frattempo è cambiato. Non c’è più Loiero, per esempio (anche se ogni tanto fa capolino nel TG calabrese, scommetto puntando ad un suo rientro). Né Chiaravalloti.
Quello che è sempre lo stesso è la latrina che, nonostante tutto, e spesso grazie ai comunicati dell’Arpacal, ci ostiniamo a chiamare “mare”.

mare sporco

31 agosto 2005. Agazio Loiero, da poco eletto presidente della Regione, chiede pubblicamente scusa ai turisti italiani per il mare sporco trovato in Calabria.
Che animo nobile!
E non era nemmeno colpa sua.

La cosa, inutile dirlo, ci fece sperare in un cambiamento.
E cambiamento c’è stato.
Il mare, ora, è pulito?
Macché, scherziamo? È peggio di prima.
Solo che adesso (e stavolta lui c’entra, eccome!) Agazio non chiede più scusa a nessuno.
Né ai turisti italiani, né ai calabresi.
Ai primi non importa più di tanto, tanto in Calabria non ci vengono più.
Ai secondi, invece, qualcosa dovrebbe importare.

La Calabria è una terra sventurata, che dal Padreterno ha ricevuto una sola grazia: la bellezza del suo territorio.
Non sarà molto, ma qualcosa, comunque, potrebbe fruttare.
Certamente molto più di industria e agricoltura, considerato l’handicap (comune a tutti i paesi in “periferia”) della distanza dal centro Europa, e quindi dai mercati (più ricchi) culturalmente e socialmente a noi più vicini.
A Milano, se fai un buon pane, lo vendi non solo a Milano, ma anche a Parigi, Bruxelles, Berlino…
Se lo fai a Cosenza, arriva duro già a Milano… a meno che non lo avveleni con qualche additivo.

Potremmo vivere di turismo.
Magari non diventarci ricchi, ma almeno sbarcare il lunario.
Giusto un’entratina di comodo, qualcos’altro si arrangia, e si va avanti.
E invece che si fa?
Si distrugge la nostra sola ricchezza, e si manda a quel paese anche quest’unica chance.
È come se un ortolano, al mercato, davanti ai potenziali clienti, si sbottonasse le brache e innaffiasse la propria mercanzia con la sua orina.
E poi si mettesse comodo ad aspettare gli acquirenti.

Non è certo colpa solo di Loiero, per carità. Ricordo ancora con quanta nonchalance l’assessore al turismo della precedente giunta Chiaravalloti, il mitico Pino Gentile, dichiarava al telegiornale regionale che i nostri mari non avevano problemi di alcun genere.
Questo disastro non l’ha combinato solo il buon Agazio.
Lui ci ha solo preso per i fondelli con quella sceneggiata delle scuse.
E capeggia l’attuale orda di amministratori e politicanti di comodo che, come petulanti accattoni, nient’altro fanno o sanno fare che chiedere perennemente aiuto allo stato (ed oggi, questo, significa implorare Bossi e la sua ghenga – ih ih ih ih ih!) per questa nostra terra martoriata.

Ha un che di comico, vedere un aguzzino che chiede pietà e misericordia per la propria vittima.
L’aspetto meno divertente della faccenda è che tutti gli aiuti che sono arrivati, arrivano, ed arriveranno, passano proprio per le mani di quel carnefice.

Viene o no il dubbio che, per certa politica, l’arretratezza della nostra regione possa rappresentare davvero un buon affare? Che avere una popolazione che si dibatte nell’indigenza e non riesce a trovare mezzi per il proprio sostentamento è quasi meglio del bambino in fasce che i mendicanti esibiscono ai semafori, sotto un sole cocente o nel gelo dell’inverno, per strapparti un obolo?

E noi calabresi subiamo.
Viviamo nella miseria, conduciamo un’esistenza senza speranza, per noi e, soprattutto, per i nostri figli, e quotidianamente ingoiamo insulti (a ben vedere, anche legittimi) dall’evoluta gente del nord che ci guarda schifata come i parenti pezzenti e pidocchiosi che nessuno vorrebbe.

Sì, forse un po’ di colpa ce l’abbiamo anche noi: dopotutto, chi è che, con il suo voto, affida a quei signori il proprio futuro?
Ma qual è la possibilità di scelta?
Chiaravalloti o Loiero?
Capirai l’imbarazzo.
Ma con l’unica arma che abbiamo, quella della democrazia, non abbiamo altre opportunità.

Chissà, se si potessero usare i bastoni, forse…

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L’imbroglio degli ottanta euro.

L’imbroglio degli ottanta euro.Oggi vorrei protestare contro l’ignobile raggiro degli ottanta euro perpetrato dal Movimento 5 Stelle…

No, non è un errore di battitura, non intendevo dire Renzi e sbagliato a battere un paio di tasti. Fosse stato così, la parola avrebbe potuto essere Gonzi, Rozzi, Stronzi… no, in questo caso, i tasti errati sarebbero stati più di due. Vabbe’, insomma, non è un errore di battitura: volevo proprio dire 5 Stelle.

E spiego il perché.

Sulla questione di questo benefit si è discusso a lungo, e l’obiezione che ho sentito sollevare più spesso e da più parti era che si trattava di una squallida mossa elettorale. Molto efficace, direi, visto il risultato ottenuto dal PD alle scorse europee.

Il dubbio che si sia trattato davvero di questo è più che legittimo, e basta avere un minimo di avversione nei confronti del nostro presidente del consiglio per trasformarlo in una assoluta certezza.

Giusto per esibirmi in una innocente provocazione, io vorrei commentare che di solito, in campagna elettorale, si fanno un mare di promesse, puntualmente disattese. Se per una volta un politico s’è voluto assicurare un ampio consenso non con vuote parole ma con solidi contanti, beh… a me la cosa sta più che bene.

Contanti che, a mio avviso (e non solo mio, ma, come risulterà più avanti, anche dei grandi detrattori dei 5 Stelle), hanno verosimilmente decretato la pallida ripresa che si sta registrando oggi in Italia, oltre ad aver concesso un po’ di respiro a qualcosa come undici milioni di italiani e le loro famiglie.

Non è certo merito del Jobs Act, come recita la politica renziana. Quello non è stato altro che un osceno regalo a Confindustria ed un sonoro ceffone a sindacati (più che meritato) e lavoratori. Sei miliardi di euro distribuiti a categorie che li avrebbero spesi, e non mandati in Svizzera, non può non aver giovato al nostro mercato. Come ho già spiegato in altri articoli, la ripresa non si ottiene con investimenti ed assunzioni per produrre merce che nessuno può permettersi di comprare, ma potenziando le capacità di acquisto dei cittadini che, in tal modo, possono giustificare la produzione, o un aumento di produzione, di un determinato bene, rendendo così necessario fare nuovi investimenti (in questo caso, veramente produttivi) e far lavorare un po’ di gente.

Se invece di ottanta fossero stati 160, o addirittura 240, probabilmente il risultato sarebbe stato più eclatante, ma stiamo parlando di un governo a guida PD, tradizionalmente avvezzo ad aumentare le tasse e non a diminuirle, mica di Babbo Natale.

Ora scoppia il caso: la legge prevede il beneficio solo per lavoratori con un reddito compreso fra un minimo (ottomila euro) ed un massimo (ventiquattromila euro). In sede di dichiarazione dei redditi si fanno i calcoli, e si scopre che in alcuni casi si è andati al di fuori di tale fascia di redditi. Per questo motivo, ci sono persone che dovranno restituire il bonus. Trecentoventuno milioni di euro che dovranno tornare alla base, su un totale erogato, ripeto, di sei miliardi e rotti.

Non è una bella cosa, certamente, soprattutto pensando che uno che ha un reddito di ventiseimila euro non può definirsi benestante, e il dover restituire, magari in un colpo solo, un migliaio di euro potrebbe creargli non pochi problemi. Peggio ancora se si esce fuori da quella fascia per redditi inferiori. Se hai guadagnato meno di ottomila euro, dovrai restituirne mille. E come continuare a campare sono cavoli tuoi.

È chiaro che per questo tipo di problematiche qualche battaglia va fatta. Per consentire a chi ha superato il tetto massimo di restituire la somma almeno con una comoda rateazione, e venire incontro in qualche modo ad un poveraccio che si trova in questo guaio per aver guadagnato addirittura meno dei previsti ottomila.

Ma non è di queste battaglie che sto sentendo parlare, in particolare dai 5 Stelle.
Questi sostengono semplicemente che i nodi sono venuti al pettine, e che Renzi sta per riprendersi gli ottanta euro distribuiti in occasione delle europee.

L’altro giorno, in TV, sento le dichiarazioni di un pezzo grosso del movimento (non ricordo ora chi, Di Maio, Di Battista, Fico, Raggi… e chi li distingue, l’uno dall’altro, a parte la Raggi per ovvi motivi? Sembrano tutti fotocopie a bassissima risoluzione di Beppe Grillo), che denuncia questa orribile intenzione del primo ministro, destinata a vanificare gli effetti positivi del provvedimento sul mercato (e così dicendo, per la foga di andare contro Renzi, ammette questa conseguenza) perché la gente, temendo di doverli restituire, non li spende.

È stato allora che ho fatto qualche ricerca, ed ho trovato i dati che ho riportato sopra.

Stentavo a credere a quella storia, fra l’altro ripetuta ed amplificata in maniera parossistica sui social network, e ho avuto ragione. Non per cieca fiducia nei confronti del Matteo nazionale, che non sono ancora riuscito a capire: metà delle cose che fa o dice mi sembrano un miracolo, l’altra metà mi fa temere di avere davanti non un prodigioso statista, ma un furfante matricolato eccezionalmente furbo… almeno in confronto agli altri esponenti della nostra classe politica. Non per fiducia, dicevo, ma per una semplice considerazione: uno che distribuisce dieci miliardi in occasione di una consultazione elettorale in fondo di poca importanza (purtroppo), utilizzata essenzialmente per procurare una redditizia poltroncina ai trombati nelle politiche, decide di farseli restituire proprio poco prima di un referendum sul quale si gioca tutto, a partire della sua permanenza nella scena politica italiana? Sarebbe un Co*****ne con la “C” maiuscola, e se non si può mettere la mano sul fuoco sulla sua onestà di intenti, credo si possa affermare con assoluta certezza che Renzi può essere qualsiasi cosa, ma non un Co*****ne. Mi pare che i risultati che sta conseguendo (positivi o negativi, ognuno faccia le proprie considerazioni) in un parlamento in gran parte a lui contrario, e con il suo stesso partito che cerca disperatamente di fargli le scarpe, lo dimostrino ampiamente.

Quello che non digerisco di questa faccenda è il comportamento truffaldino di Grillo e del suo movimento, che anziché combattere per una giusta causa, cioè soccorrere in qualche modo chi si è trovato intrappolato nei cavilli di una legge mai discussi o osteggiati da qualcuno, mira a buttare lo scompiglio fra gli italiani, vanificando (loro, con le loro false affermazioni, e non Renzi) l’effetto potenzialmente positivo sul mercato di quella elargizione, e buttando inutile fango su un personaggio che può certo essere attaccato per mille altri provvedimenti. Fango che si riversa addosso al mittente appena si scopre che il terrorismo che si sta facendo è solo una ignobile bufala.

RENZI NON SI STA RIPRENDENDO GLI OTTANTA EURO, STA SOLO RECUPERANDO, magari in malo modo, questo sì, e per questo si dovrebbe lottare, UN CINQUE PER CENTO DEL TOTALE EROGATO PER EFFETTO DEI VINCOLI DELLA LEGGE CHE HA ISTITUITO QUEL BENEFICIO.

Non ho una grande stima dei 5 Stelle. Soprattutto, dopo il grande rifiuto opposto a Bersani ad assumere responsabilità di governo in virtù di un irripetibile successo elettorale. Più che un movimento mi sembra una setta devota al suo santone, e sono tanti i temi da loro proposti (caccia alle sirene, scie chimiche, unione fra specie diverse…) che mi fanno rabbrividire. A loro riconosco, però, una dote estremamente rara nel nostro panorama politico: l’onestà. A questo proposito, ho addirittura scritto e pubblicato un racconto (Italia, paese di Bengodi) nel quale descrivo come, con questa semplice virtù, riescano a portare un’Italia sull’orlo del tracollo ad una condizione di benessere e prestigio mai sognata.

Bene… o, meglio, male: finora li ho considerati cretini, pazzoidi, in qualche caso buffoni, ma fondamentalmente onesti. Se si giocano anche quest’ultima qualità, noi italiani perdiamo l’unica speranza di cambiare (pacificamente) le cose. A meno di non cominciare davvero a confidare in San Matteo…

Maledizione, in Italia abbiamo tanti di quei guai e di comportamenti censurabili… che bisogno c’è anche di inventarne di fasulli, danneggiare ulteriormente il nostro paese, e sporcarsi la faccia in questo modo?

Siete davvero così cretini, oppure ho sbagliato anche l’altra mia valutazione, e siete altrettanto disonesti come le forze che vorreste combattere?

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Intuito 4: la sfida.

Ho realizzato e pubblicato su Internet un videogioco, e sono in attesa di qualche riscontro. Piace… non piace… quanta gente ci gioca…?

Al secondo quesito, la risposta mi arriva direttamente da Altervista, la piattaforma che ho utilizzato per la pubblicazione, che mi fornisce una statistica quotidiana sugli accessi.

Per il primo, ancora niente.

Certo, se il numero di visite fosse stato di qualche ordine di grandezza superiore, questo si sarebbe potuto considerare già un primo responso. Non so quanto affidabile, ma i numeri decretano sempre e comunque una misura del successo di un prodotto.

Anche se il prodotto, alla fine, fa schifo.

Caso secondo me emblematico, “Il Nome Della Rosa” di Umberto Eco. Lo comprai, tanti anni fa, dopo aver sentito che aveva conseguito un successo planetario,  aveva venduto milioni di copie, ed era stato tradotto in non ricordo più quante lingue. Da aspirante scrittore, speravo che la sua lettura potesse suggerirmi qualche idea, insegnarmi qualcosa.

Soltanto dopo una settimana dall’acquisto (ancora non avevo avuto neppure il tempo di sfogliarlo), trovai su un altro articolo un’informazione che mi sarebbe stata molto utile una settimana prima, e cioè che pochi, fra quelli che l’avevano acquistato, erano riusciti a leggerlo.

Ora, io ero (e sono) abituato a letture poco impegnative, il mio background si basava su Gialli Mondadori e Romanzi di Urania (per non parlare di Topolino), per cui era scontato che anche il mio tentativo di leggere quell’opera fallisse miseramente, ma poi seppi che non era riuscito a farlo neppure mia sorella, capace di ingoiare certi mattoni ai quali io non mi sognerei minimamente di avvicinarmi, e così ebbi una misura abbastanza precisa del reale successo di quello scritto.

Con questo non voglio qui sostenere che quel libro faccia schifo (anche se il mio pensiero, in effetti, va in quella direzione), non mi permetterei mai, non ho l’autorità e i titoli per farlo, e mi vergognerei ad esprimere pubblicamente un giudizio del genere su un’opera ritenuta un monumento della letteratura italiana, scritta da un maestro indiscusso ed indiscutibile. Dico semplicemente che se il numero passato agli annali fosse stato quello delle persone che lo avevano letto, e gradito, anziché di quelle che l’avevano comprato, credo che l’entità del risultato registrato si sarebbe ridotto di parecchie unità di grandezza. Più che di un trionfo editoriale, direi si sia trattato di un formidabile successo pubblicitario.

Ma torniamo a bomba, cioè al mio videogioco, del quale intendo presentare qui una recensione… visto che nessun altro si decide a provvedere. Chi fa da sé fa per tre, no?

intuito4

È un giochino piuttosto minimalista, come si può vedere dallo screenshot allegato. Grafica ridotta all’osso, singola videata, niente colori, e l’unica animazione presente è alquanto indisponente.

Il titolo  è “Intuito 4” (esiste anche una versione 5, e potrebbero vedere la luce anche altre varianti). Il 4 indica il numero di celle in ciascun lato di un quadrato che contiene i numeri da 1 a 16. L’”Intuito”, beh… a qualcuno potrebbe venire in mente un altro nome, forse più calzante, ma meno signorile.

Alla destra di tale quadrato, in alto, viene mostrato un numero da “colpire” (“number to hit”), e lo scopo del gioco è quello, dopo aver avviato un timer da due minuti, di cliccare quante più volte possibile sul numero indicato, all’interno del quadrato. Una cosetta da nulla, se non fosse che, ogni volta che il mouse entra in una cella, la disposizione dei numeri cambia. Ma a nessuno di voi piace vincere facile, vero?

La sfida, quindi, come dicevo, è rivolta al vostro “intuito” (o come altro preferite chiamarlo). La capacità di prevedere l’imprevedibile, di agire rapidamente guidati dall’istinto piuttosto che dalla ragione (alla Leroy Jethro Gibbs di NCIS, per capirci, se seguite i telefilm), e la prontezza di riflessi nel cliccare quando ci si trova nella cella contenente il numero da colpire, spesso quando meno ce lo si aspetta.

Sembra impossibile, ma non lo è. Basta provare. Chi vuole, può farlo all’indirizzo:

http://giubagames.altervista.org/intuito4.html

Non so quanto, invece, possa essere divertente. Certo, potrebbe essere arricchito da una serie di opzioni quale l’impostazione del tempo ad un valore diverso dai due minuti; la registrazione on line del numero di hit conseguito, da confrontare con quello di altri e con cui stilare una graduatoria; da una grafica più elaborata, con colori, disegnini animati, sfondi accattivanti; da una colonna sonora un po’ più varia… Una montagna di lavoro, inutile se prima non si ha un’indicazione sulla bontà dell’idea alla base. Se questa funziona, ci si può divertire anche in un ambiente così essenziale. Se non va, riempirla di effetti speciali non la renderà più appetibile.

Giudizi ed impressioni saranno i benvenuti. Piuttosto che registrare milioni di click e disgustare altrettanti malcapitati, preferisco eliminare la pagina e salvare almeno la decenza.

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Attaccamento alla vita.

Questa volta propongo un mini racconto, ispirato ad un fatto realmente accaduto. Mi piace pensare che sia andata davvero così.

aav2Un giorno, il signor Giovanni morì. Chiuse per sempre gli occhi in un letto d’ospedale, e li riaprì un attimo dopo, giunto a destinazione
Rimirò il paesaggio attorno, e riconobbe, nella folla che gli andava incontro, volti noti, amati, mai dimenticati, illuminati da un ampio sorriso.
– Che stupido ero – mormorò felice – così dannatamente attaccato a quella merda di vita.

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Telefonate pubblicitarie, cookie e privacy.

Telefonate pubblicitarie, cookie e PrivacyPoco tempo fa ho scritto un paio di articoli sulla questione dei cookie. Desidero tornare sull’argomento per confrontarlo con il problema delle telefonate pubblicitarie indesiderate, per denunciare un’altra delle tante nefandezze compiute in nome della protezione della nostra privacy.

Brevemente, ripeto qui i punti salienti riguardanti la problematica dei cookie.

Su indicazione della grande fucina di idee (balorde) che è l’Europa della quale facciamo (purtroppo) parte, il Garante della Privacy nostrano ha stabilito, dal 2 giugno 2015, l’obbligatorietà di segnalare, ed all’occorrenza permettere di rifiutare, l’installazione di cookie sul nostro PC quando visitiamo un sito che ne faccia uso. Cosa siano ‘sti cookie, lo spiego nei precedenti articoli. Per chi sgarra, multe comprese fra i SEIMILA e i CENTOVENTIMILA euro. Cookie di cui, tipicamente, il curatore di un blog o di un sito “amatoriale” ignora assolutamente l’esistenza, anche se è lui, per legge, ad essere perseguito, e non chi, arbitrariamente, ed a sua insaputa, compie effettivamente il fattaccio.

Non disponendo di un apposito ufficio legale che seguisse per me questo genere di problematiche, ho scoperto la cosa per caso (avevo “osato” mettere su un nuovo sito, in cui pubblicare alcuni browser game di mia creazione), ed ho segnalato il fatto con i miei scritti. Scritti che, dai commenti ricevuti, pare abbiano salvato da questa minaccia un po’ di gente nelle mie stesse condizioni.

Ora, io non so se gli altri siti che offrono spazio gratuito a blogger e webmaster in erba risolvono il problema in maniera automatica. So che Altervista, il servizio che uso io, non lo fa. Vero, ne offre la soluzione gratuitamente (almeno per ora), ma per attivarla bisogna richiederlo espressamente. Per farlo, occorre essere informati del problema, e molti non lo sono. Sarebbe stato cortese, da parte di Altervista, inviare almeno una e-mail informativa ai loro “clienti” al riguardo, ma così, purtroppo, non è stato. E se non avessi scoperto la cosa, ripeto per puro caso, adesso io vivrei felice, beato ed orgoglioso del mio modesto blog senza sapere di essere, per questo, perseguibile per le cifre assurde che ho detto prima.

E la mia è pure una situazione privilegiata. Immaginiamo di voler mettere su un sito per pubblicizzare la nostra salumeria o la nostra pizzeria, o per pubblicare qualche nostra poesia, senza ricorrere, per una questione di immagine, ad un servizio di hosting gratuito (www.ilmiosito.it suona molto meglio, e fa più bella figura, di ilmiosito.altervista.org). Acquistando da Aruba, per esempio, un servizio di hosting basic, con il dominio incluso, potremmo uscirne con una spesa di 11.66 euro più IVA l’anno (offerta appena rilevata all’indirizzo https://hosting.aruba.it/home.aspx). Per avvisare eventuali visitatori che, al di là delle nostre intenzioni, stiamo per installare sul loro PC qualche cookie, dovremmo spendere, ad esempio, 19 euro l’anno con Iubenda, ed è già un buon prezzo. Cosa che fa somigliare la faccenda ad una spudorata richiesta di pizzo. È come se, mettendo su un negozietto, grazie a questa disposizione del Garante della Privacy, dovessimo spendere ottocento euro mensili di affitto e di costo per la licenza, ed oltre milleduecento euro per esporre alla porta un cartello con la scritta “lasciare gli ombrelli nell’apposito portaombrelli”.

E, questo, da parte del disgraziato webmaster.

Per quello che riguarda l’utenza, significa dover cliccare, ad ogni pagina che visitiamo per la prima volta, su un OK o una X per poter finalmente consultare quello che desideriamo. Come se si potesse davvero scegliere: o accetti i cookie, o te ne vai e rinunci a quello che eri venuto a fare qui.

È possibile cancellare questi fastidiosi file (ma fastidiosi per chi?) andando nelle impostazioni del proprio browser, ma vi sconsiglio di farlo, altrimenti, ogni volta, comparirà di nuovo la solita tendina e dovremo ricliccare sul solito OK. Addirittura, Google non solo sta a ripetere, ogni volta, l’invito a prendere visione della sua informativa in proposito, ma ad un certo punto, se non lo facciamo, incrocia le braccia e si rifiuta di fornirci il suo servizio se prima non leggiamo qualche pagina di dettagli che non interessano a nessuno. Beh, non è necessario leggere, basta scorrere fino alla fine e poi cliccare sul pulsante “ACCETTO”, ma è comunque sempre una bella rottura.

O il Garante della Privacy è davvero convinto che ci mettiamo a leggere tutte quelle fregnacce?

Comunque sia, il succo è questo: rischi per blogger e webmaster, e fastidi inutili e tranquillamente evitabili per l’utenza. In nome della difesa della nostra privacy.

Privacy che a casa ci viene però continuamente ed impunemente oltraggiata da telefonate inopportune, non richieste e spesso indesiderate, in qualsiasi momento della giornata: mentre stai pranzando, mentre sei in bagno, mentre stai guardando un programma che ti interessa alla tv (e che rischi di perdere a meno che non paghi MySky ed interrompi una diretta per rispondere) ed in tante altre sciagurate occasioni. Alla faccia del Garante.

Ma mi sa che ‘sto Garante, per queste cose, non se la prende mica tanto.

Perché dico questo?

Ufficialmente, il signore in questione, qualcosa avrebbe fatto. Con l’istituzione del registro delle opposizioni. Basta collegarsi al sito, registrare il numero di telefono per il quale si intende proibire qualsiasi operazione di telemarketing, ed il gioco è fatto.

Col ca… volo! Mi spiace, la parolaccia mi stava scappando. Ma ci sono occasioni in cui il turpiloquio è l’unica modalità di espressione in grado di rendere pienamente l’idea.

Esasperato dai continui fastidi che questa ignobile pratica mi procurava, e venuto a conoscenza di questo dispositivo, in data 29/09/2015 (appena verificata tramite chiamata all’apposito numero verde dopo l’ennesimo abuso) mi sono iscritto a detto registro. Inutilmente, perché le telefonate che avevo cercato di bloccare continuavano ad arrivare regolarmente.

Oggi, Enel Energia tornava a contattarmi dopo che solo qualche giorno fa avevo fatto presente ad un loro operatore che ero iscritto al registro delle opposizioni e che avrebbero dovuto smettere di importunarmi. Stavolta mi sono messo ad urlare, gli ho detto di piantarla di seccarmi, e che stavolta mi sarei finalmente deciso a denunciarli. Supponendo, ovviamente, di avere tutto il diritto di farlo. Dopo di che mi sono collegato ad Internet ed ho cercato di vedere come fare.

Idiota! Povero illuso!

Questo il risultato delle mie ricerche.

All’indirizzo http://www.dirittodellinformatica.it/privacy-e-sicurezza/privacy-sicurezza-normativa/registro-pubblico-delle-opposizioni-casi-sanzioni-tutela.html rilevo quanto segue:

“Con provvedimento del 19 gennaio 2011, il Garante per la protezione dei dati personali (noto anche come Garante privacy) ha emanato le “Prescrizioni per il trattamento di dati personali per finalità di marketing, mediante l’impiego del telefono con operatore, a seguito dell’istituzione del registro pubblico delle opposizioni.
Come si è detto, le società che operano nel settore del telemarketing non potranno più contattare i numeri degli abbonati che si sono iscritti nel Registro.
Inoltre, se un abbonato ha chiesto a una determinata azienda di non essere più disturbato, quell’azienda dovrà rispettare la sua volontà anche se il medesimo abbonato non si è iscritto al Registro.”

Beh, si comincia bene. L’articolo prosegue:

“Se, nonostante l’iscrizione, un abbonato riceve una o più telefonate indesiderate, dovrà preliminarmente:
– accertarsi dell’avvenuta iscrizione al Registro;
– controllare che siano trascorsi 15 giorni dal momento dell’iscrizione (solo dopo questo termine, infatti, l’opposizione diviene effettiva);
– verificare di non aver prestato il consenso al trattamento dei propri dati per finalità di telemarketing a singoli soggetti che effettuano operazioni commerciali o promozionali via telefono da fonti diverse dagli elenchi telefonici pubblici.

6. Le sanzioni
In caso di inosservanza delle Regole stabilite dal Garante (citate al paragrafo 2), ciascun operatore può essere sanzionato con il pagamento di una somma da trentamila euro a centottantamila euro.
In caso di più violazioni, commesse anche in tempi diversi in relazione a banche di dati di particolare rilevanza o dimensioni, ciascun operatore può essere sanzionato con il pagamento di una somma da cinquantamila euro a trecentomila euro.”

E che vuoi di più dalla vita?

Solo che, di operativo, non ho ancora trovato niente, a parte che “… l’abbonato potrà rivolgersi alla competente autorità giudiziaria o al Garante per la protezione dei dati personali. La segnalazione è gratuita, mentre per poter presentare un reclamo o un ricorso è necessario pagare 150 euro a titolo di diritti di segreteria.”

Cioè, sborsare 150 euro per poter denunciare di essere vittima di un abuso!

Proseguo con le ricerche, arrivo a questa pagina “http://www.laleggepertutti.it/86440_come-difendersi-dai-call-center-pubblicitari“. Qui trovo spiegato che “Paradossalmente, e in totale contrasto con la legge europea sulla privacy (secondo cui chi vuol inviare materiale pubblicitario deve prima chiedere il consenso del destinatario al trattamento dei dati), nell’ambito del telemarketing le regole si ribaltano: è l’utente della linea telefonica a dover comunicare di non voler ricevere telefonate pubblicitarie (il sistema è stato battezzato opt-out). Ciò avviene imponendo al consumatore di iscriversi al Registro Pubblico delle Opposizioni. In pratica, chi inserisce il proprio numero telefonico in tale elenco non dovrebbe essere più disturbato”.

Un piccolo distinguo più che legittimo, ma pazienza: certo non dovrei essere io ad impedire di essere disturbato, ma dovrebbe essere uno scontato automatismo, se si mirasse davvero a proteggere la privacy di un comune cittadino, magari poco avvezzo all’uso di Internet. Ma se serve iscriversi a ‘sto registro amen, lo faccio e non ci pensiamo più (ih ih ih, mi verrebbe da sghignazzare, se la vittima di questa presa per i fondelli non fossi io).

Intanto, una prima considerazione: seguendo i dettami europei, prima di farlo, le aziende dovrebbero chiedermi il consenso di inviarmi materiale pubblicitario. In pratica, Enel Energia non avrebbe dovuto telefonarmi per offrirmi le sue proposte, ma per chiedermi il permesso di contattarmi per potermele offrire.

Ma in Europa, sono davvero così idioti?

Seconda considerazione (non sono un complottista, ma se lo fossi qualche piccolo sospetto mi verrebbe):“Ecco il secondo paradosso: chi non vuol far conoscere il proprio telefono, proprio per non essere disturbato, e pertanto non lo rende pubblico negli elenchi, non può chiedere di iscriversi – e quindi di essere tutelato – dal Registro pubblico delle opposizioni.
Si potrebbe replicare: “Nessun problema: se il mio numero non è pubblico, nessuno mi potrà mai contattare”. E invece non è così: le società commerciali hanno mille modi per ottenere il numero di telefono anche di quanti non sono negli elenchi (non a caso, la vendita dei dati personali è uno dei più grossi business del secolo): per esempio dai contratti firmati con le compagnie telefoniche, con le banche, le finanziarie, per finire alle tessere punti dei supermercati, ecc. A volte anche dall’iscrizione al PRA o a una scuola.”

In pratica, per farti tutelare dal registro delle opposizioni, devi offrire il tuo numero a tutti. Idiozia, ancora, o astuto calcolo? Ai posteri, come al solito, l’ardua sentenza… se non avranno altri casi di cui occuparsi (cosa di cui dubito fortemente).

Cosa fare, dunque?

Prima ipotesi, segnalazione al garante: “ La segnalazione, il reclamo o il ricorso possono es¬sere inviati tramite fax: 06.69677.3785; e-mail: [email protected] o [email protected]; raccomandata indirizzata a: “Garante per la protezione dei dati personali, Piazza di Monte Citorio 121, 00186 Roma”. Sul sito web dell’Autorità (www.garanteprivacy.it) sono indicate ulteriori informazioni e consigli per chiedere l’intervento del Garante. È anche possibile scaricare appositi moduli semplificati per segnala¬re le violazioni di marketing telefonico.”

Quello che segue non è molto chiaro: “Ovviamente non si tratta di procedimenti giurisdizionali che non vi danno possibilità di chiedere il risarcimento del danno. Peraltro il tutto si svolge senza neanche la vostra presenza. Ma, quanto meno, la procedura non implica costi, richieste di avvocati, udienze, ecc.”

Qui, ho il dubbio che la lingua italiana non sia stata adoperata in maniera corretta, ma mi sembra di capire che, con questa strada, comunque vada, non avrò diritto ad alcun risarcimento. Al limite, avrò fatto pagare al colpevole la sanzione prevista (dai 30.000 ai 300.000 euro), ma a me, per il disturbo, neanche un centesimo. Magari, la soddisfazione di aver fatto incassare allo stato una bella cifra (se lo stato si preoccuperà davvero di incassare, cosa che non mi sarà dato sapere)… dopo un mio esborso di centocinquanta euro.

Bene, mi pare di capire che questa strada non porti molto lontano.

“In alternativa al Garante c’è la possibilità di un (più costoso) giudizio al giudice di pace, dove, per richieste di risarcimenti fino a 1100 euro, non si ha necessità di ricorrere a un avvocato (sebbene la procedura civile è così complessa e insidiosa che è sempre bene munirsi quanto meno dei consigli di un tecnico).
La misura del risarcimento, essendo difficile quantificare il danno da “molestia telefonica” e ancorarlo a parametri certi e univoci, verrà determinata dal giudice in via equitativa, ossia sulla base di quanto a questi appare giusto (di norma non oltre 2.000 euro).
La causa è rivolta proprio ad ottenere l’indennizzo, ma dovrete procurarvi le prove di ciò che dite, ossia:
– avvenuta iscrizione al pubblico registro (potrete chiamare al Registro stesso per chiedere una certificazione);
– ricevimento della telefonata indesiderata da allegare attraverso la richiesta dei tabulati telefonici alla propria compagnia e prova testimoniale di un eventuale parente che ha assistito alla chiamata (attenzione: la prova indiretta, ossia di chi dice “Lo so perché me lo ha detto Tizio” non ha valore; deve sempre trattarsi di una prova diretta, ossia di fatti che il testimone ha visto o sentito personalmente).

La denuncia penale
L’ultima ed estrema ratio, quando proprio le precedenti non abbiano sortito effetto, è quella di sporgere una denuncia penale. Con questo strumento però bisogna andarci cauti perché il rischio è una controquerela per calunnia. Vi si può ricorrere qualora si ritenga che vi sia stato anche il dolo dell’impresa e quindi sia ravvisabile un trattamento illecito di dati.”

In pratica, se li vuoi denunciare, devi essere assolutamente sicuro che non ci sia qualche cavillo che faccia passare dei guai a te e non a loro. Cosa tutt’altro che certa, a meno che non ti affidi a qualche legale con robusti attributi, ed altrettanto robuste parcelle… e non è detto che basti.

E questa sarebbe la protezione della NOSTRA privacy.

Non solo. Proseguendo nelle mie ricerche, sempre più sconfortato, mi imbatto nella pagina all’indirizzo http://www.iussit.com/telefonate-indesiderate-gestore-telefonico-deve-risarcire-danni/ , che riporta una sentenza in proposito da parte di un giudice di pace.

Nelle motivazioni della sentenza, si può leggere:

“Le continue telefonate indesiderate… comportano stress e turbamento psichico, interferenze nella vita privata ed alterazione della serenità…
… Sul punto va osservato che la giurisprudenza ( ex plurimis Cass. n. 20292 del 20/11/2012 ) ha individuato il danno biologico derivante dalla lesione della salute, quello morale derivante dalla sofferenza interiore e quello dinamico-relazionale definibile anche “esistenziale”, consistente nel peggioramento delle condizioni di vita quotidiane e, risarcibile nel caso in cui l’illecito abbia violato diritti fondamentali della persona…
… il comportamento della Gestore telefonico NNN per le forme e modalità in cui è stato svolto, incurante della iscrizione al registro delle opposizioni ,… appare connotato dalla caratteristica della petulanza, ossia da quel modo di agire pressante, ripetitivo, insistente, indiscreto e impertinente che finisce, per il modo stesso in cui si manifesta, per interferire sgradevolmente nella sfera della quiete e della libertà delle persone e suscettibile persino di integrare il reato di cui all’art 660 c.p., non avendo rilevanza che le telefonate non abbiano alcun carattere ingiurioso ma siano effettuate a fini commerciali…”

… ed un sacco di altra roba. Conclusione:

” Il Giudice di Pace, definitivamente pronunziando, domanda od eccezione reietta, disattesa o assorbita, cosi provvede:
– accoglie la domanda e per l’effetto condanna Gestore telefonico NNN spa al pagamento in favore dell’istante della complessiva somma di euro 500,00 a titolo di risarcimento danno;
-condanna, altresì, la predetta convenuta al pagamento in favore dell’istante delle spese di lite che liquida in euro 50,00, per spese non imponibili, euro 330,00 per competenze legali, oltre rimborso spese forf. 15%, iva cpa
Napoli, 22 giugno 2015
Il Giudice di Pace… “

500 EURO DI RISARCIMENTO, dopo aver riconosciuto che quel comportamento ha quasi provocato delle turbe psichiche al malcapitato! Non solo: se il verdetto fosse stato contrario, si sarebbero dovuti pagare 380 euro più IVA per competenze legali. Altro che minacciare di denuncia i miei persecutori, semmai dovrò scusarmi con loro se non starò sufficientemente attento ad ascoltare quello che hanno da dirmi!

Al massimo, potrei permettermi di sbraitare contro un incolpevole poveraccio di impiegato di call center. Lanciare maledizioni, farmi nemico il padreterno con qualche bestemmia indirizzata ad altrettanto incolpevoli santi del paradiso… ed augurare ogni sorta di sventura al personaggio che pomposamente si fa chiamare Garante della Privacy (almeno questo funzionasse!).

Io, invece, avrei rischiato di dover pagare 6.000 euro minimo per dei cookie tecnici di cui non sapevo neppure l’esistenza, di cui la vittima non si sarebbe neppure accorta, e che non avrebbe portato alcun danno a nessuno, se non quello di aver occupato senza consenso un paio di kilobyte in un hard disk di svariati gigabyte!

Con i miei cookie, quelli più importuni, avrei solo fatto sì che i banner pubblicitari presenti in ogni sito web mostrassero la pubblicità di un assorbente ad una signora e quella di un dopobarba ad un signore, e non viceversa. E questo mi sarebbe potuto costare 120.000 euro. Farti correre al telefono che squilla (magari con il cuore in gola quando c’è una qualche situazione familiare problematica come è per me in questo periodo) per offrirti servizi che non desideri, o addirittura per sentirti chiedere il permesso di poterti offrire quei servizi come le direttive europee richiederebbero, in qualsiasi momento della giornata, è perfettamente consentito. Formalmente, ritenuto illecito, se ti iscrivi al prodigioso registro del garante, ma se ti azzardi a lamentarti ti tocca pagare, o, nella migliore delle ipotesi, sperare di ottenere risarcimenti irrisori a fronte di rischi di esborsi ancora maggiori.

Protezione della privacy, la chiamano…

Già, “protezione”: non è questo il nome che viene dato anche al servizio offerto da ‘ndranghetisti e mammasantissima?

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Adozioni gay – appendice 2

Torno ancora, e spero per l’ultima volta, sul tema dell’omosessualità, in quanto il lettore del mio precedente scritto “Unioni civili e adozioni“ che si era detto offeso da quanto avevo scritto mi ha informato, su mia esplicita richiesta, su quale fosse stato il motivo di questo risentimento. Poiché qualche centinaio di caratteri disponibili per la risposta sul sito in cui è avvenuto lo scambio di opinioni sono decisamente pochi, pubblico questo nuovo scritto.

Testualmente, “chiamare l’omosessualità una ‘malattia mentale’ è una delle più grandi offese che si possono fare a persone di questo tipo (perché alla fine è solo un tipo di persone, e niente di più)”. Con una conclusione: “Fidati che prima o poi si arriverà all’uguaglianza e agli stessi diritti. E’ una cosa inevitabile”.

La mia prima reazione a questa osservazione è stata “ma chi me l’ha fatta fare ad imbarcarmi in un discorso simile?” Dell’argomento conosco poco o niente; sono, come ho già detto, leggermente omofobo, anche se non mi sognerei mai di negare il mio rispetto a quel “tipo di persona” solo perché è fatto così; e discutere di queste cose, per uno che la pensa come me, porta inevitabilmente ad opporre un qualche rifiuto a qualcuno, cosa che non è mai piacevole, né per chi lo riceve, né per chi lo fa.

Mi fa male sapere di aver offeso qualcuno, anche se involontariamente, e vorrei riparare. Intanto chiedendo scusa. Poi, spiegando perché mi sono preso la libertà di esprimermi in quel modo, sperando di non peggiorare le cose. Volendo, anche ritirando ciò che ho detto, ma sarebbe ipocrita, e comunque non risolverebbe il problema.

Nello scrivere quella frase, avevo cercato di evitare alla definizione qualsiasi significato offensivo, ma evidentemente non è bastato.

Chiaramente, in un’epoca in cui si è tenuti a chiamare “non vedenti” i ciechi, “non udenti” i sordi, e così via, dare del “malato” a qualcuno può risultare offensivo. Se ho sbagliato, è perché considero quella regola idiota, falsa, ed estremamente lesiva. Chi l’ha stabilita ha dato, così facendo, alla parola cieco, o sordo, un significato oltraggioso, e per questo da evitare. Ma uno che non ci vede, comunque lo chiami, sa benissimo di essere cieco. E, pertanto, in base a quella stupida regola, sarebbe tenuto a sentirsi una merda. A tale proposito, ammiro la giornalista del TG3 Mariella Venditti, che, con coraggio, infrange sistematicamente quella legge, e chiama tranquillamente “sorde” le persone che non ci sentono. Essere ciechi, o sordi, non può e non deve essere considerato qualcosa di infamante. Io sono miope, ho la necessità di usare gli occhiali dall’età di quindici anni, e questa condizione mi impedisce di svolgere alcune attività, o me le complica, come, per esempio, semplicemente giocare a calcio o fare un bagno a mare; ma se qualcuno si azzardasse a chiamarmi “moderatamente vedente” gli sputerei in un occhio.

Ognuno di noi è fatto come è fatto, e comunque esso sia fatto merita rispetto, e non deve vergognarsi di niente… a meno che non abbia altre ragioni per le quali vergognarsi sarebbe lecito (essere un pedofilo, un rapinatore, un assassino, un sindacalista…). Ed il fatto di avere un handicap non significa doversi sminuire. Tutti abbiamo delle minorazioni: c’è chi è troppo basso per giocare a pallacanestro, c’è chi è troppo stonato per fare il cantante, c’è chi è troppo brutto per fare il rubacuori, chi è troppo idiota per fare l’avvocato, chi è troppo onesto per fare il politico. Ma il fatto di essere negati per un certo tipo di attività non significa che non si possa riuscire bene, e con grande successo, in altre. Chi non conosce Stephen Hawking? Dire che la natura si sia accanita contro di lui mi sembra un eufemismo. Eppure è uno dei più grandi scienziati esistenti al mondo, e gode a buon diritto di un’immensa ammirazione da parte di noi poveri normodotati.

Facendo una ricerca su Google con la parola malattia, in evidenza trovo questa definizione: “Anormale condizione dell’organismo (animale o vegetale), causata da alterazioni organiche o funzionali”.

Ora, io avevo basato il mio parere su questa considerazione: un omosessuale, fisicamente, non ha alcun tipo di problema. Lo prova il fatto che alcuni di loro abbiano generato dei figli. Quel comportamento, quindi, ha origini di natura mentale. E se un cervello lavora in maniera non coerente con il corpo che lo ospita credo sia lecito parlare di “anormale condizione… causata da alterazioni… funzionali”.

Ho sostenuto, in pratica, che un omosessuale è una “persona che non sta bene”, e credo che questo sia inconfutabile. Non sta bene perché non può soddisfare alcuni bisogni, come il desiderio di maternità da parte di un uomo o di paternità da parte di una donna, e perché deve vivere in un ambiente che non riesce a capire le sue esigenze e gli nega alcuni diritti. Ambiente di cui mi dolgo di far parte. Ma ritengo che non sia l’ambiente a proibire a chi fisicamente è un uomo di essere madre. E, torno a ripetere, questa situazione di malessere è di origine mentale, e non fisica. A meno che non vogliamo stravolgere il concetto e dire che la mente è a posto mentre è il fisico ad essere sbagliato. Possiamo anche sostenere che non è la Terra a muoversi nell’universo, ma è l’universo a spostarsi rispetto ad essa, basta considerare un punto di riferimento solidale con il nostro pianeta. Ma risolveremmo qualcosa?

Una situazione più offensiva, a mio parere, per quel “tipo di persone”, è quella della “checca” presente in molti film comici. Un personaggio messo lì per far ridere, e non perché faccia qualcosa di divertente, ma semplicemente perché suggerisce quello che è parlando e gesticolando come una donna (ed una donna oca, per giunta). Forse non sono informato io, ma non sono a conoscenza di alcuna rimostranza in proposito da parte delle comunità gay. A me dà fastidio, sia per la mia più volte confessata omofobia, sia perché, ritenendo quella condizione fonte di un intenso dramma, è come se l’autore del film pretendesse di farmi ridere mostrandomi un cieco che inciampa e cade per non aver visto un ostacolo.

“Sulle unioni civili e le adozioni, l’Italia è in forte ritardo, quindi la legge dovrà farsi, giacché non si possono negare diritti, se questi non ostacolano quelli degli altri.” Altro commento ricevuto.

Non sono d’accordo sulla prima parte, sull’Italia in ritardo. Perché il fatto che una determinata legge sia stata fatta altrove non significa che sia una legge giusta, e che quindi vada necessariamente replicata anche qui da noi. Sono d’accordo sul perché: “non si possono negare diritti, se questi non ostacolano quelli degli altri”. Appunto: che questi diritti non intacchino quelli degli altri. In questo caso, i bambini.

“Fidati che prima o poi si arriverà all’uguaglianza e agli stessi diritti. E’ una cosa inevitabile”.

Probabile. In una società diversa, però, più aperta. In fondo, rivoluzioni nei nostri costumi ne abbiamo registrate. Ricordo che una volta si censurava un film per un bacio troppo lungo (cosa che avviene ancora oggi in India), ed ora in TV mettono il bollino verde a film con scene di sesso, perché è solo la violenza quella che può nuocere ad un bambino.

Io, ripeto, sono un parruccone retrogrado, un nostalgico, e queste cose non le capisco, ma non ho voce in capitolo e non ho altra scelta che accettare questo andazzo. Se gli omosessuali vivono un disagio per la scarsa apertura mentale della nostra società, io ne vivo un altro esattamente per il motivo opposto. Gli intellettuali che nei decenni passati hanno voluto questa liberalizzazione di costumi definivano “ipocrita” il perbenismo di allora. Bene, io sono per l’ipocrisia. È l’ipocrisia, alla fine, che consente la pacifica convivenza fra gente che spesso si detesta. Quanti di noi salutano cordialmente, magari anche con uno scambio di bacetti sulle guance, qualcuno che si desidererebbe come minimo prendere a calci in culo? Senza ipocrisia, staremmo ad accoltellarci ogni santo giorno. Leggetevi qualche post su Facebook, se non ci credete.

Quindi, se oggi un bambino che arriva a scuola accompagnato da un papà ed un mammo sarà vittima predestinata di ogni sorta di angheria, domani probabilmente non farà notizia, e sarà accettato come uno qualunque. E questo sarà un bene. Non dal mio punto di vista, magari, da stolto oscurantista, ma oggettivamente sarà una cosa positiva, se i nostri costumi evolveranno in quella direzione.

Ma… domani.

Oggi, temo di no.

Comunque sia, Vincenzo, ti chiedo nuovamente scusa. Non era mia intenzione offendere nessuno. Posso anche ritirare quella definizione, di “malattia mentale”, non è un termine al quale io sia particolarmente affezionato, anche se non vedo come possa migliorare la situazione. E potrebbe anche essere che il malato mentale sia io, visto che il mio cervello non riesce a considerare l’omosessualità come una condizione di normalità.

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